No Gronda
31Ago/120

Il “no” alla Gronda non è un “no” al lavoro

Da "Il Secolo XIX" del 31/08/2012

Dalle colonne di questo giornale, spesso da questo stesso spazio, a favore della Gronda si schierano politici, imprenditori, esponenti di CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO e banchieri ai quali tributiamo l'attenzione che meritano: tranne rare eccezioni, si tratta di soggetti che tutto hanno a cuore fuorché il bene dei cittadini che viene perseguito solo quando, occasionalmente, coincide con gli interessi di casta e bottega. Ma, quando a dichiararsi favorevole all’opera è un sindacalista come Silvano Chiantia, abbiamo il dovere di rispondere.

A lui ed ai lavoratori del settore edile che rappresenta vogliamo far capire che essere contro la gronda non significa essere contro gli operai, ma lottare perché si realizzino strategie governative, politiche ed imprenditoriali mirate allo sviluppo dell’economia attraverso interventi sostenibili dal punto di vista ambientale, della salute dei cittadini e della qualità della vita.

I fatti recenti sull’ILVA di Taranto, le condanne del processo Eternit, dimostrano che l’era in cui si costruiva e si avviavano produzioni senza tenere in nessuna considerazione la salvaguardia dell’ambiente e la sicurezza degli abitanti delle zone limitrofe, tenuti sempre all’oscuro di tutto, è finita per sempre: più tardi metabolizzeranno questo concetto politici, capitani d’industria e lobbisti in genere, peggio sarà per i lavoratori.

Oggi i cittadini hanno la possibilità di informarsi e farsi un’opinione sulla pericolosità, sull’impatto ambientale e sull’effettiva utilità delle istallazioni industriali e delle infrastrutture viarie che si vogliono far digerire loro come ineluttabile prezzo da pagare sulla strada del progresso e dell’occupazione: si coordinano e lottano duramente per affermare il diritto a vivere in un ambiente salubre ed a misura d’uomo.

Si tratta di qualcosa di più profondo ed articolato della sindrome di “nimby” con cui si riempiono la bocca i fautori dell’opera che plaudono alla Gronda dalle loro case in Albaro.

Bisogna cambiare gli obbiettivi. Oggi quello che si devono mettere in cantiere sono le numerose piccole opere, soprattutto viarie, che migliorerebbero sensibilmente la qualità della nostra vita e produrrebbero immediato lavoro per i genovesi. Si deve incentivare il trasporto pubblico, scoraggiare l’utilizzo del mezzo privato, raccordare l’aeroporto alla linea ferroviaria, potenziare il trasporto urbano e metropolitano. Si deve costruire sul costruito sistemando case, palazzi e complessi industriali indecorosi e non in regola con le norme sulla sicurezza e si devono pretendere leggi che stabiliscano incentivi e sgravi fiscali per chi lo fa.

Non c’è bisogno di scavare montagne, interrompere falde acquifere, e portare amianto in superficie, violentando l’ambiente e minando la salute nostra, dei nostri figli e dei nostri nipoti, per creare lavoro. A meno che non ci si riferisca specificatamente a quello di medici ed infermieri impiegati nei reparti oncologici dei nosocomi liguri.

Claudio Di Tursi
Cordinamento Comitati del Ponente e della Valpolcevera

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